LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

venerdì, luglio 28, 2006

Gli Schwarze Mander della Hofkirche di Innsbruck

Il monumento funebre di Massimiliano I nella Hofkirche di Innsbruck è il più grande monumento funebre dell’Occidente. Nulla può reggere il confronto con quest’opera assolutamente straordinaria.
La statua di Massimiliano d’Austria, nonno paterno di Carlo V, è al centro, in ginocchio, protetta da una cancellata in ferro battuto.
Ma oggi chi entra nella Hofkirche resta assolutamente travolto dall’imponenza delle 28 statue che circondano il maestoso cenotafio dell’imperatore. Sono gli Schwarze Mander (uomini neri): 28 statue di bronzo a grandezza superiore rispetto al naturale, dai 2 metri ai 2 metri e 50. Uomini e donne che rappresentano antenati, parenti e modelli di Massimiliano. Inizialmente il progetto prevedeva addirittura 40 statue!
E’ straordinario osservare come ogni statua abbia le sue particolarità. Si rimane stupiti di fronte alla massiccia armatura di Ferdinando re del Portogallo, raffigurato con la visiera chiusa perché non si possedeva nessun ritratto della sua persona. E al suo fianco si fa caso allo sguardo e alla postura di Ernesto, detto “il ferreo” perché – sostiene la leggenda – riusciva a piegare un ferro di cavallo a mani nude!
Se poi notate bene l’espressione di Giovanna la Pazza, troverete nei suoi occhi i segni della depressione che la affliggeva.
E non si può non fare caso a due statue affiancate: Filippo il Buono e suo figlio Carlo il Temerario. La prima cosa a cui si pensa è che i soprannomi sono sbagliati. Lo sguardo di Filippo infatti non è certo da buono: è fiero, i lineamenti decisi. E Carlo più che un temerario sembra un rammollito, con il viso grassottello e poco virile. Eppure – ho pensato in seguito – l’artista è voluto andare oltre questi stereotipi. La fierezza e la sicurezza dello sguardo di Filippo rappresentano l’uomo maturo, che quindi ha scoperto anche la bontà. I lineamenti di Carlo, invece, rispecchiano quelli di un giovane ancora immaturo, e che agisce quindi con poco senno e tanta temerarietà.
Numerosi gli artisti che hanno lavorato a queste statue. Tra cui, ricordiamo, figura anche il grande Albrecht Dürer (che disegnò certamente lo schizzo della statua di Re Artù).
Ancora oggi la serie di statue sembra rendere un alto ed eterno omaggio all’imperatore. Al visitatore non resta che immergersi nella contemplazione di quel mondo tanto lontano quanto purtroppo dimenticato. Non resta che osservare attentamente quegli uomini che hanno fatto la storia della nostra Europa.
Massimiliano d’Austria fu poi sepolto nella cappella di Wiener Neustadt, dove non fu possibile trasportare le statue a causa del loro peso eccessivo.
Quella della Hofkirche è quindi una tomba vuota.
Ma di fronte a tanta potenza figurativa questo conta davvero poco.
Antonio S.

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giovedì, luglio 20, 2006

Uomo - trasformazione

La sopravvivenza fisica della specie umana dipende dalla radicale trasformazione del cuore umano.
Erich Fromm, Avere o essere?
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Tutto quello che è profondamente e stupendamente umano vive di continue e incessanti trasformazioni.
Antonio S.

domenica, luglio 16, 2006

Ossessione sessuale: dall'impotenza alle fantasie di onnipotenza

Cosa ci sia dietro l'ossessione sessuale dei nostri giorni è difficile dirlo con esattezza. Di certo la ricerca continua del piacere sessuale è tipico di un individuo dotato di scarso equilibrio. In realtà l'ossessione sessuale serve spesso a mascherare altri problemi. Ci si vuole sentire "potenti" sessualmente per dimenticare la nostra effettiva impotenza e incapacità di affrontare le difficoltà. Leggete cosa afferma con lucidità Claudio Risé.

"Nello smarrimento dell’identità e nello smarrimento dell’identità sessuale la ricerca ossessiva e sfrenata del piacere sessuale diventa una manifestazione del delirio di onnipotenza in cui l’individuo si ritrova nel tentativo di bilanciare la propria impotenza. Per cui l’idea che tutto sia permesso e che ogni sessualità sia possibile è una conseguenza della fantasia di onnipotenza di un individuo privo di equilibrio."

Fate attenzione. Si parla giustamente di delirio di onnipotenza, di fantasia di onnipotenza. L'unica realtà è invece l'impotenza. Da cui non se ne esce certo con la sfrenatezza sessuale.

Antonio S.

mercoledì, luglio 12, 2006

Zinedine Zidane: tra calcio e leggenda

Ho aspettato qualche giorno. Ma alla fine ho ritenuto doveroso scrivere un post su quello che è accaduto domenica sera in occasione della finale dei mondiali di calcio in Germania.
Non si parla di Italia, di tattica, di giocatori. Si parla del Giocatore: Zinedine Zidane.
Tutto il resto a mio avviso è in ombra.
Partita non certo entusiasmante. Dal punto di vista tattico Italia decisamente superiore nel primo tempo. Francesi più vivi nel secondo tempo e nei supplementari. Italia mai al tiro se non su calcio da fermo. Totti e Del Piero invisibili. Poche individualità da segnalare: un paio di guizzi di Henry, un insuperabile Cannavaro e un superbo Buffon.
E poi c'è lui. Zidane. L'unico vero protagonista.
Da solo il francese vale sempre il prezzo del biglietto. La distanza che lo separa dal secondo miglior giocatore in campo (Henry) è abissale. La sicurezza con cui si muove. La tranquillità assoluta con cui dirige il gioco. Tutto è segno di indiscussa superiorità.
Domenica abbiamo assistito (ma sarà vero?) all'ultima partita di Zidane. A mio avviso, il più grande calciatore di sempre. In realtà non posso giudicare altri calciatori che giocarono prima degli anni Ottanta: Pelè e Cruyff ad esempio. Ma dubito che fossero più forti di Zidane.
Ad ogni modo sicuramente Zidane è superiore a tutti i calciatori dell'ultimo quarto di secolo. Platini, Maradona, Van Basten sono grandissimi, ma impallidiscono di fronte alla completezza di Zidane.
Eppure quello che è accaduto domenica esce dalla cronaca calcistica ed entra quasi nella leggenda. Un autentico superuomo che esce di scena nel corso dell'evento sportivo più importante con un gesto folle. Quella testata. Un autentico "colpo di testa". Deciso, duro, implacabile. Come tutti i colpi del fuoriclasse. Ammetto di essere rimasto sconcertato e anche deluso. Purtroppo il supercampione ha il suo punto debole. Non è la prima volta che si lascia andare a gesti di questo tipo. E pensare che nel corso normale di una partita il suo comportamento è sempre sportivissimo. Non ricordo proteste violente e gesti volgari da parte sua. Ricordo solo la sportività e la simpatia. Come in questo mondiale l'abbraccio con Ronaldo, poi con Figo. E proprio poco prima del gesto folle lo scambio di battute e sorrisi con il nostro campione: Buffon. Poi il buio. Il gesto che condanna lui e la Francia ad una sconfitta fino a quel punto immeritata (qui potete vedere il video integrale dell'episodio).
Cosa può averlo spinto ad una reazione tanto spropositata? Un gesto di una violenza criminale. Frutto di un totale corto circuito mentale.
E' stata dura per me, che vedo in Zidane e in pochi altri il simbolo dello sport e soprattutto del calcio, accettare quel colpo di testa. Il fuoriclasse aveva un attimo prima sfoderato un'altra delle sue magie. Trascinandosi stoicamente sul campo con una spalla malandata, aveva indirizzato con un colpo di testa la palla sotto la traversa, costringendo Buffon all'ennesimo miracolo mondiale.
Di certo la serata di domenica è destinata a restare nella storia del calcio. Mai nessuno avrebbe potuto pensare ad un epilogo tanto incredibile per la carriera del "campione dei campioni".
Apprendo dal sito ufficiale di Zidane che questa sera il francese spiegherà a Canal Plus le motivazioni che lo hanno indotto a colpire con quella testata Marco Materazzi.
E' inutile anticipare. E' evidente che il nostro calciatore lo ha provocato. D'altra parte sappiamo tutti che Materazzi non è un santo. Ma questo non cambia molto le cose. Mi aspetto piuttosto che Zidane si scusi e si penta del suo gesto. E si scusi con tutto il mondo e tutti gli sportivi che vedono in lui un simbolo e un esempio da seguire. Si può sbagliare, l'importante è ammetterlo e pentirsi dei propri errori.
Se è un vero campione, Zidane questa sera si scuserà.
E allora io potrò perdonargli anche quel colpo di testa "mondiale".
Antonio S.

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lunedì, luglio 10, 2006

Luigi Russolo: brillantezza e originalità

Luigi Russolo (1885-1947) è senza dubbio uno degli artisti più brillanti della prima metà del Novecento italiano. Geniale. Lo sguardo vivissimo, quasi allucinato. Pittore e musicista, capace, come molti suoi amici futuristi, di anticipare i tempi. Leggete con attenzione queste affermazioni tratte dall'Arte dei rumori (1913).
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"Questa evoluzione della musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine, che collaborano dovunque coll'uomo. Non soltanto nelle atmosfere fragorose delle grandi città, ma anche nelle campagne, che furono fino a ieri normalmente silenziose, la macchina ha oggi creato tanta varietà e concorrenza di rumori, che il suono puro, nella sua esiguità e monotonia, non suscita più emozione. Per eccitare ed esaltare la nostra sensibilità, la musica andò sviluppandosi verso la più complessa polifonia e verso la maggior varietà di timbri o coloriti strumentali, ricercando le più complicate successioni di accordi dissonanti e preparando vagamente la creazione del rumore musicale. Questa evoluzione verso il "suono rumore" non era possibile prima d'ora. L'orecchio di un uomo del settecento non avrebbe potuto sopportare l'intensità disarmonica di certi accordi prodotti dalle nostre orecchie(triplicate nel numero degli esecutori rispetto a quelle di allora). Il nostro orecchio invece se ne compiace, poiché fu già educato dalla vita moderna, così prodiga di rumori svariati. Il nostro orecchio però se ne accontenta, e reclama più ampie emozioni acustiche. D'altra parte, il suono musicale è troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri. Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei "suoni-rumori".
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Forse non tutti si rendono conto della straordinaria portata di queste affermazioni. Di lì a qualche decennio, il linguaggio musicale evolverà proprio nella direzione tracciata da Russolo. Non più suoni, ma suoni e rumori. E verranno la musica concreta e la musica elettronica.
Vi dico la verità. Sono emozionato se penso che tra pochi giorni sarò a Rovereto a diretto contatto con intonarumori, tele e incisioni di questo geniale artista. Spero che Russolo a distanza di quasi un secolo mi trasmetterà quelle vibrazioni che solo le grandi opere dei grandi uomini sanno offrirci.

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mercoledì, luglio 05, 2006

Ha vinto l'arbitro. Ha vinto il più forte. Ha vinto lo sport.

Italia Germania 2-0: finalmente una partita di calcio
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E' stata una partita di calcio.
Finalmente abbiamo visto una partita di calcio.
I meriti sono da attribuire quasi completamente all'ottimo arbitro Archundia. Solo un errore (che poteva costarci caro) su un inesistente fallo di Cannavaro, sanzionato con una punizione dal limite dell'area (e invece sarebbe stato rigore). Dello stesso parere anche il simpatico Daniele Tombolini, altra figura decisamente positiva di questi mondiali.
Insomma, l'arbitro ha deciso l'incontro. Ha fatto capire da subito ai nostri giocatori che non si sarebbe lasciato ingannare da simulazioni e altri mezzucci antisportivi. Emblematico l'episodio in cui invita energicamente Totti a rialzarsi, dopo un'acrobatica capriola sull'avversario. Emblematico anche il mezzo sorrisetto di Totti, consapevole di essere stato "beccato".
Avrete notato come da quel momento in poi il nostro attaccante (e tutta la nostra squadra) abbia evitato di simulare altri falli. E hanno iniziato a giocare davvero. Da uomini e da sportivi. E meritando alla fine la vittoria.
Ora mi chiedo: è così difficile giocare in questo modo? Non è più soddisfacente vincere lealmente e meritatamente che con mezzucci e furbate da teppistello di periferia?
Ieri ha vinto davvero l'Italia. E i tedeschi lo hanno dovuto ammettere. Perchè è inutile che facciamo tanto le vittime. Quando i tedeschi o gli altri ci accusano è perchè spesso ci comportiamo in maniera indegna e incivile. Ieri invece è stata un'altra Italia. Quella che vorremmo sempre vedere. E i tedeschi non hanno avuto nulla da ridire.
Quella stessa Italia era entrata ai mondiali distinguendosi per comportamenti incivili e antisportivi. Poi, dopo la giusta espulsione e la severa squalifica di De Rossi per la sua gomitata assassina, qualcosa gradualmente è cambiato nei nostri giocatori. Hanno capito che questi arbitri non avrebbero assecondato (come fanno abitualmente gli arbitri italiani) il gioco scorretto e sleale. E quindi hanno iniziato a giocare. Certo, è dura abituarsi a giocare davvero, quando sei abituato a rubacchiare una punizione o magari un rigore inesistente. Bisogna correre, rincorrere, sudare, soffrire. Ma questo è il vero sport. Ebbene, dopo tante prestazioni deludenti della nostra nazionale, ieri finalmente abbiamo avuto l'impressione di una squadra vera, che lottava, che soffriva. Ed è questa la squadra che un italiano vuol vedere. Di questi calciatori possiamo essere fieri. Non di quei quattro smidollati che ogni domenica si arrangiano per fregare l'avversario e l'arbitro di turno. Ieri abbiamo giocato lealmente, abbiamo meritato di vincere, abbiamo vinto. Questo è lo sport.
Tra una settimana torneremo in Italia. Troveremo probabilmente il solito ambientino truffaldino. Troveremo ancora chi gioisce per una vittoria conquistata grazie ad un rigore frutto di simulazione. Troveremo ancora chi dice che chi simula è furbo, e chi insulta l'arbitro è solo preda dell'agonismo. Io spero invece che finalmente gli italiani capiscano che il vero sport è altra cosa. E ieri sera i nostri calciatori ce ne hanno dato un bell'esempio. Con buona pace dei tedeschi e di Klinsmann che si agitava assai poco elegantemente sulla panchina. E di Ballach che ha rifiutato la mano tesa sportivamente da Gattuso.
Ieri siamo stati noi l'esempio di sportività.
Onore ai calciatori azzurri.
Antonio S.

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sabato, luglio 01, 2006

L'ha detto... Seneca

"Mihi diuitiae si effluxerint, nihil auferent nisi semet ipsas, tu stupebis et uideberis tibi sine te relictus, si illae a te recesserint; apud me diuitiae aliquem locum habent, apud te summum; ad postremum diuitiae meae sunt, tu diuitiarum es"
“A me, se la ricchezza fluirà via, nulla porterà via con sé, se non se stessa; tu resterai stupefatto e ti sembrerà di essere stato lasciato senza te stesso, se quella si sarà allontanata da te; presso di me la ricchezza ha un certo posto, presso di te il più importante; infine, la ricchezza è mia, tu sei della ricchezza
Seneca, De vita beata 22
Con il suo consueto stile, straordinariamente incisivo, Seneca ci informa del giusto peso da dare alla ricchezza. Essere ricchi e possedere beni materiali può esserci di aiuto. Ma non può essere il fine della nostra esistenza. Quando la ricchezza ci abbandona, solo allora ci rendiamo conto se le abbiamo dato il giusto peso. Non bisogna mai lasciarsi possedere dalla ricchezza. Avere non è essere.