LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

lunedì, novembre 15, 2010

avanguardia in suoni/rumori: arginare l'anestesia uditiva

Una riflessione accurata sul rumorismo, l'elettrorumorismo e tutta la musica d'avanguardia non può prescindere dall'analisi sonora dei diversi ambienti urbani ed extraurbani contemporanei. Non ha senso, infatti, produrre artificialmente suoni e rumori se non si pensa al modo in cui andranno ad inserirsi nel contesto sonoro in cui abitualmente viviamo. Occorre definire: quali sono i rumori e i suoni che abitualmente percepiamo; quale attenzione vi poniamo; in che modo ci condizionano; cosa possiamo e dobbiamo fare per migliorare le nostre percezioni uditive; come possiamo educare le nostre orecchie.
In seguito alle rivoluzioni industriale e elettrica negli ultimi due secoli gli uomini si sono progressivamente abituati a vivere sotto un continuo assedio sonoro. Ai suoni delle campane e dei carretti si sono sostituiti i rombi degli aerei, delle automobili, degli elettrodomestici, delle fabbriche, delle discoteche. La differenza tra i due ambienti sonori è percepibile in certa misura ancora oggi se si confronta il paesaggio sonoro di una grande città e quello di una zona non abitata di montagna. Ma veniamo al dunque. La sovrabbondanza sonora in cui vive oggi l'uomo contemporaneo non ha causato una maggiore sensibilità nei confronti dei suoni e dei rumori, ma una perdita costante di consapevolezza e attenzione. In un ambiente con pochi e distinti eventi sonori, si riesce ancora a percepirne l'importanza e si presta attenzione a quegli eventi. In un ambiente in cui i rumori si succedono rapidamente fino ad intrecciarsi simultaneamente la nostra percezione sfuma gradualmente fino ad essere totalmente anestetizzata.
I danni che un ambiente sovraccarico di rumori può causare alla salute sono ormai studiati da tempo, come da tempo la legge ha provveduto, in vario modo e nei vari paesi, a porre un argine all'inquinamento acustico. Le questioni dei decibel da rispettare sono ormai questioni all'ordine del giorno Ma qui non vogliamo porre l'attenzione solo sulla questione dei danni fisici all'udito, che pure è importante e assolutamente da non sottovalutare (ad esempio da anni sostengo con decisione che i danni causati dall'inquinamento acustico siano superiori a quelli provocati dall'inquinamento atmosferico). Senza dimenticare la grande differenza tra l'organo della vista e quello dell'udito. Di fronte ad immagini e luci troppo violente possiamo abbassare le palpebre. Le orecchie non sono munite per natura di un simile dispositivo. Possiamo usare le mani per proteggerci parzialmente da rumori sgradevoli, possiamo farlo di tanto in tanto, ma di certo non possiamo vivere con le mani sulle orecchie (hanno per questo inventato i tappi acustici antirumore, che di certo non possono costituire la soluzione ottimale del problema).
Qui vogliamo invece soffermarci su alcuni effetti secondari per nulla trascurabili, che sono fondamentali invece se vogliamo credere ancora in un uomo a mille dimensioni. L'anestesia uditiva, il non riuscire a porre attenzione ai suoni/rumori, a decifrarli, sezionarli, analizzarli è un fenomeno impressionante e assai grave. Non meno dell'anestesia visiva, che si declina in altro modo. Nelle grandi città, nelle metropoli il caos sonoro può trasformarsi spesso in un inferno sonoro. La nostra sensibilità ai rumori viene costantemente attaccata, fino ad arrendersi di fronte ad un nemico troppo più forte delle difese che riusciamo ad opporre. Cosa intendiamo per anestesia uditiva? Un fenomeno meno fisico e più psichico rispetto alla progressiva perdita dell'udito. Si tratta della perdita della capacità di distinguere i suoni/rumori. In pratica le orecchie restano attaccate al nostro cranio, non hanno neppure danni fisici, ma non riescono più a fare il loro lavoro. Stiamo perdendo la capacità di distinguere i toni, i timbri, persino le intensità. In realtà in parte questa capacità non è stata mai pienamente sviluppata, ma paradossalmente l'uomo contemporaneo, che tanto è convinto di essere superiore all'uomo del Medioevo o dell'antica Roma potrebbe ritrovarsi con una sensibilità uditiva ridotta.
Ed ecco che se musica d'avanguardia (acustica, rumoristica, elettrorumoristica) può esserci ancora, deve andare nel segno della lotta all'anestesia uditiva. Un possibile percorso di ricerca può essere quello di produrre tracce sonore in cui venga stimolata l'attenzione a singoli o più suoni/rumori presenti nel nostro paesaggio sonoro quotidiano. Suoni/rumori a cui non prestiamo più attenzione, che ci sommergono e ci alienano totalmente. Rumori noti e meno noti, che abitano costantemente la nostra vita, senza essere più percepiti. A partire dal rumore che esce con cattiveria dal case del mio pc da più di un'ora e che in questo momento sta condizionando pesantemente ogni mia attività.

Antonio Saccoccio

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venerdì, novembre 05, 2010

reTEale: il virtuale è più reale del reale

Ritorniamo brevemente a parlare della famigerata distinzione tra "reale" e "virtuale".
Ogni volta che pronuncio il termine "virtuale" riferito a ciò che avviene su internet non posso fare a meno di provare un profondo senso di fastidio. Mi è capitato recentemente di affermare, durante il congresso mondiale dei transumanisti TransVision 2010, di detestare il termine "virtuale" (nel video intorno al minuto 40). E l'ho fatto nel momento in cui presentavo e spiegavo la categoria del "reTEale" (della "reTEaltà"), elaborata e praticata da anni dal movimento netfuturista. Abbiamo chiarito che non esiste una contrapposizione tra gli ambienti sociali sul territorio e quelli presenti sulla rete internet. Esistono ovviamente notevoli differenze (alcune evidenti, altre meno), ma non è possibile continuare a definire in modo penosamente limitante gli ambienti sociali online come "virtuali". D'altra parte sappiamo che l'aggettivo si porta dietro la sfumatura filosofica negativa di un qualcosa che è in potenza e non si trasforma in atto. Un buon riscontro lo trovo in questi giorni nelle parole pensate da Roberto Maragliano in occasione di un convegno sugli spazi dell'educazione.

È frequente imbattersi in un approccio riduttivo al rapporto fra la cosiddetta “realtà” e quanto va generalmente sotto l’etichetta di “virtuale”. Riduttivo nel senso che il secondo termine di tale rapporto viene a caricarsi dell’insieme di pregiudizi negativi tradizionalmente associati all’idea di “immagine”, quando in essa (secondo una tradizione peraltro caratterizzata da nobili origini) si vede soprattutto una “ri-presentazione” inautentica di realtà. Allo stesso modo, nel virtuale si tende a cogliere una “copia” limitata quando non deforme del reale, un qualcosa dunque di ingannevole, di astratto rispetto alla realtà fisica, e non di estratto da essa.

Anche Maragliano si rende bene conto di questo problema, che - si badi bene - non è per nulla soltanto terminologico. Come sosteniamo da tempo, dietro parole fasulle ci sono idee fasulle. Ed è per questo che chi ha nuove idee deve riuscire a ricreare ogni giorno anche la lingua che esprime quelle idee. Le idee nuove nascono anche a partire dall'impiego di nuove tecnologie. Cambiando la tecnologia, cambia il rapporto dell'uomo con il mondo, cambiano le idee dell'uomo sul mondo, devono quindi cambiare anche i termini per esprimere quelle idee.
Con il termine reTEaltà abbiamo voluto fondere l'idea di rete, che costituisce il paradigma emergente negli ambienti ancora definiti "virtuali", e la realtà. Questi ambienti "virtuali" sono a ben vedere reali, nel senso che ci si ritrova ad avere a che fare con la realtà, declinata (mediata) in vario modo. Non solo. Il paradigma emergente negli ambienti "virtuali" è la rete, paradigma che di rimando è destinato ad influenzare profondamente (e già lo sta facendo) gli ambienti "reali". Le relazioni evolveranno sempre più reticolarmente: internet ha fornito un modello da mettere in pratica ovunque (è già in atto la demolizione del tradizionale paradigma conoscitivo, e sarà presto in atto la demolizione del paradigma politico gerarchico autoritario).
Più interessante ancora è il fatto che il NetFuturismo abbia dato prova di tutto questo in fase non solo teorico-riflessiva, ma anche sperimentale (anzi la fase riflessiva accompagna costantemente l'immersione attiva nel nuovo modello). In questi anni il gruppo nato sul web ha messo in atto negli ambienti online attività reticolari d'avanguardia per poi portare la stessa modalità operativa nelle attività sul territorio (ideazione, progettazione e realizzazione di eventi espositivi e performativi: mostre, conferenze e spettacoli per intenderci). E così il paradigma nasce e si sviluppa negli ambienti "virtuali" per poi influenzare gli ambienti "reali".
In questo caso il virtuale non è di certo la brutta copia del reale.
E non è neppure ciò che non riesce a diventare reale.
Il virtuale è più reale del reale.


Antonio Saccoccio

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