LIBERI DALLA FORMA

IL PRIMO BLOG NET-FUTURISTA

giovedì, aprile 12, 2012

Il FaceStrike: qualcosa in più di un sabotaggio di Facebook

È da poco più di una settimana che è stato lanciato il FaceStrike e tra tante domande, richieste, dubbi e perplessità è giusto ora chiarire le motivazioni e gli obiettivi dell’operazione.

Dove nasce il FaceStrike?

L’operazione è partita da Facebook perché è attualmente, almeno in Italia, il social network in cui più si rende necessario questo sabotaggio mediale. Ma già alcuni utenti lo stanno portando sui blog di wordpress e blogger, sulla piattaforma ning, sui forum, etc.

In cosa consiste?

Il FaceStrike consiste, generalmente, nel circolare all’interno delle comunità virtuali con un avatar che raffigura un altro utente, con lo scopo di generare disordine comunicativo, reazioni intellettuali ed emotive, etc. All’interno di questa indicazione generale, è possibile rintracciare un numero praticamente infinito di modulazioni differenti. Ci si può semplicemente accordare con un amico scambiandosi reciprocamente l’avatar e andare a infettare le bacheche dei profili amici. Si può rubare l’avatar ad un amico e continuare a postare come se nulla fosse cambiato. Si può rubarlo anche ad un profilo non direttamente nostro amico, ma soltanto amico di amici. Ci si può persino mettere d’accordo tra una decina di amici, “vestirsi” tutti con lo stesso avatar, e portare questa carnevalata monocromatica a spasso per il web. Ognuno può creare il proprio FaceStrike come meglio crede. Nessun FaceStrike è sbagliato, se si è compreso per quali motivi è nato e quali sono i suoi reali obiettivi.

Per quali motivi nasce?

Il FaceStrike nasce in seguito all’osservazione (e alla successiva critica) delle pratiche relazionali che si instaurano in generale nelle comunità online, e più in particolare in social network come Facebook. In questi luoghi di aggregazione virtuale l’importanza attribuita all’immagine appare generalmente predominante, fino a schiacciare qualsiasi altro aspetto. Così, social network come Facebook sembrano sempre più privi di spessore, schiacciati sulla monodimensionalità delle fotografie personali e dell’associazione della persona con una data immagine, e quindi con un avatar. Questo genera non solo una regressione notevole delle componenti verbale e sonora, ma più generalmente provoca l’incremento di tipiche relazioni “di facciata”, così vicine alle peggiori relazioni che si riscontrano abitualmente al di fuori del web e così lontane dal networking orizzontale e fuori dalle logiche di sistema. Gli adulti sono coloro che appaiono più corrotti anche in questo caso. È ormai frequentissimo trovare profili creati con il solo e unico scopo di stringere relazioni interessate con personaggi ritenuti importanti per la propria carriera. Si tratta del classico profilo con bacheca manageriale-pubblicitaria. Sì, perché Facebook è potenzialmente rivoluzionario, ma in mano a menti misere diventa una piccola e miserabile testata personale e personalistica, in cui mettersi in mostra costantemente intrattenendo relazioni di comodo con chi condivide la medesima miserabile impostazione mediale (e mentale). L’impostazione vetero-spettacolare di questi utenti non lascia loro neppure immaginare la potenzialità infinita che si annida nel Facebook inteso invece come succoso serbatoio per il networking creattivo (la seconda -t- è qui d’obbligo). Apparire sempre operosi, attivissimi, vincenti è lo scopo del profilo manageriale: una spettacolarizzazione forsennata della propria esistenza a cui neppure un Debord avrebbe mai pensato di poter assistere. Ecco allora la pratica del “mi piace” compulsivo appena si vede l’avatar utile ai nostri scopi che pubblica qualcosa: non serve neppure leggere cosa ha scritto, neppure di cosa generalmente ha scritto, che scatta il “mi piace” di facciata e pieno d’ossequio, come a dire “io ti leggo eh!”, “ci sono”, e soprattutto “ci sono sempre per te”.

Gli obiettivi del FaceStrike.

Di fronte a tutto questo, ecco il FaceStrike. Basta cambiare l’avatar per sabotare il sistema del “mi piace” facile. Modificare il reale accostamento tra l’utente e il suo avatar abituale causa innanzitutto un brusco rallentamento del “mi piace” compulsivo. Il motivo è semplice: la possibilità di sbagliarsi, e regalare quindi un “mi piace” di facciata ad un estraneo che ha rubato l’avatar di un amico “interessante” diventa, con la presenza del FaceStrike, altissima. E dopo esserci cascati un paio di volte, si è costretti a pensarci un po’ di più prima di cliccare. È importante provare concretamente almeno una volta per comprendere la portata di ciò che ho appena descritto. Sabotare l’indecoroso mercimonio dei commenti e dei “mi piace” compulsivi e interessati: questo è il primo obiettivo del FaceStrike.
Il secondo grande obiettivo è meno polemico, ma assai interessante a livello emozionale. Il FaceStrike ci costringe a considerare tutto ciò che ruota attorno alla nostra immagine e all’immagine altrui e che, travolti dall’inondazione fotografica quotidiana, rischiamo di non valutare mai neppure per un solo istante. Non è difficile così imbattersi in coloro che si dichiarano ansiosi, imbarazzati, angosciati dal veder circolare una propria fotografia come avatar di un altro profilo. Altri saranno persino incazzati perché gli avrete preso proprio la fotografia in cui “sono venuti male” (e di questa vanità maniacale nella scelta delle fotografie, ne vogliamo parlare? E la vogliamo finalmente un minimo ridicolizzare?). Non sarà difficile provare noi stessi un certo imbarazzo a portare in giro un volto che non è il nostro e affidare le nostre considerazioni (magari le nostre più intime) a quest’altra faccia, più o meno estranea, che per qualche ora, o settimana, sarà come la nostra. E i nostri pensieri che si adegueranno alla faccia scelta per quel giorno? Non ci credete? Eppure capita anche questo: di pubblicare un pensiero a cui non avevate mai posto la mente proprio perché quel giorno davvero vi siete calati nel vostro nuovo avatar, in quella faccia che a forza di fissarla sul monitor vi ha portato ad una riflessione che mai vi aveva sfiorato. Sì, perché se avete un aspetto fantastico e sempre fascinoso, credete che portare per una settimana una faccia brufolosa e sfigata vi attiri solo meno “mi piace”? Forse ci sarà meno movimento là fuori sulla vostra bacheca, ma qualcosa dentro di voi potrebbe muoversi parecchio.

Ancora una speranza per i giovani.

Una considerazione prima di concludere. Mentre gli adulti appaiono irrimediabilmente “adulterati” dalla logica vetero-spettacolare dell’interesse, dell’utile e della bella immagine da mostrare a tutti i costi, alcuni giovani sono al di fuori di queste logiche. Non è raro trovare infatti ragazze e ragazzi che praticano quasi un FaceStrike spontaneo, privo magari del rigore di questa nostra operazione organizzata, ma senz’altro segno dei tempi che cambiano. Ragazzi che intendono le pagine sul web non come piccole televisioni (o giornali) in miniatura, ma come occasioni per conoscere, comprendere, stringere legami, relazioni, alleanze, in un’ottica neotribale e antiutilitaristica, che è l’esatta negazione del vecchio opportunismo calcolatore di novecentesca memoria. Ecco allora che ridere della propria foto, clonarla, regalarla, vederla scippata e accostata alle più impensabili citazioni, potrà diventare un momento realmente eversivo e di possibile “messa in crisi” delle pessime tendenze in voga in larghe fasce delle comunità virtuali.

Antonio Saccoccio


* Il FaceStrike è stato ideato da tre movimenti oltre-artistici d'avanguardia (MAV Movimento per l'Arte Vaporizzata, Net.Futurismo, Movimento Arte Cervicale)

Etichette: , , , , , , , , , , , , , ,